Nonostante nuove scoperte, come i titoli delle acqueforti che riporto di seguito, sono ancora molti gli interrogativi sul Vittorini incisore che devono trovare risposta.
Vittorini, aveva partecipato all’importante mostra fiorentina del 1911 in occasione del cinquantenario dell’unità d’Italia, ma vi aveva esposto solo opere di pittura.
Fu solo nel marzo 1913, a Roma, alla Prima Esposizione Internazionale d’arte della Secessione che nella “Sala del Bianco e Nero” presenterà le sue prime acqueforti “Il Duomo di Pisa di notte” e “La vela bianca”.
Tra il maggio del 1913 e l’aprile del 1914, in quattro aste effettuate dall’impresa di vendite “Arte antica e moderna” diretta da Alfredo Geri a Firenze, dove si ponevano in vendita importanti collezioni come quelle di Augusto Jandolo di Roma, Pilade Mascelli, Angiolo De Farro e la collezione di bianco e nero di proprietà del sig. prof. Ruggero Focardi, Vittorini è presente con diverse acqueforti.
Pare un lasso di tempo troppo breve perché importanti collezionisti avessero acquistato le acqueforti di quello che allora era un perfetto sconosciuto per porle subito in vendita e trarne un profitto.
Alla successiva esposizione romana del 1914, Vittorini sarà presente con due dipinti e un monotipo.
Come e in che occasione dunque si era perfezionato l’acquisto da parte dei suddetti collezionisti?
Delle opere in asta solo “La vela Bianca” risulta aver partecipato all’esposizione romana, a parte “Bocca del Cinquale a Forte dei Marmi”, tutte le altre oggi sono irreperibili.
“La Torre dei Giunigi a Lucca” , “Luna nell’Arno” e “La Piazza di S. Firenze”, infatti non si trovano in nessun catalogo o articolo.
Vittorini per scritto dichiara che “Ritorno all’ovile” è stata la sua prima acquaforte stampata nel 1912.
La parola “stampata” lascia aperte diverse interpretazioni, enigma non risolvibile anche perché la lastra utilizzata per la stampa non riporta incisa la data.
Sono state individuate una decina di lastre che Vittorini avrebbe inciso tra il 1912 e il 1913
Di queste solo di “Foce del Cinquale” (1912), “Casolare nella campagna Lucchese” (1912), “Processione nel villaggio” (1913), abbiamo la certezza della data in quanto incisa sulla lastra.
Per le altre ci dobbiamo fidare della data apposta nel margine insieme alla firma, che spesso si è riscontrato coincidere con l’anno della stampa e non dell’incisione.
Restano comunque un numero elevato che lascia supporre che Vittorini abbia iniziato ad incidere prima del 1912.
Sappiamo inoltre che l’artista ha fatto un primo l’approccio con il torchio calcografico con la tecnica del monotipo, che comunque è ben diversa dell’acquaforte.
È evidente fin da subito, una padronanza della tecnica non comune, sinonimo di un artista già formato.
Questo è confermato anche dalla critica, su “Novissima Albo di arti e lettere” del 1913, in relazione all’esposizione romana, Vittorini è segnalato tra coloro che sono esperti nella signorile arte dell’incisione
Viene naturale domandarsi dove abbia imparato a fare le incisioni? Quali sono stati i suoi riferimenti?
Chi sono dunque gli artisti che ha frequentato, le persone che ha conosciuto, che lo hanno aiutato a formarsi fino a far si, che lui, diventasse in questa giovane età un incisore assolutamente provetto cioè dotato di una speciale abilità o esperienza?
Non esistono o non ci sono pervenute, ma di questo non esistono nemmeno testimonianze, di opere precedenti alla prima di “Ritorno all’ovile” che è già un’incisione perfettamente formata.
Sicuramente in lui ha inciso la lezione fattoriana e chissà quante altre conoscenze, ma l’originalità del segno di Vittorini, non consente riferimenti precisi ad artisti a lui contemporanei.
Escludendo Gordigiani, si potrebbe supporre la frequentazione di qualcuno che faceva parte del suo entourage.
Potrebbe essere Alfredo Muller (Livorno 1869 – Parigi 1939), ma il rapporto di Vittorini con quest’ultimo, testimoniato anche da alcune lettere, è probabilmente da collocarsi successivo al 1914, quando dopo aver esposto alla Seconda Esposizione della Secessione Romana, Muller fece ritorno a Firenze da Parigi.
Potrebbe essere Arturo Faldi (Firenze 1856 – Firenze 1911) spesso ospite a Castiglioncello nella villa dei Gordigiani.
La presenza di una acquaforte inedita nella collezione di Ruggero Focardi (Firenze, 1864 – Quercianella 1934) potrebbe essere una traccia.
Tutte supposizioni in attesa di riscontro, l’unica cosa certa è che Vittorini nel 1912, a 22 anni, dimostra di avere un mestiere già completo.
Evidentemente vuol dire che c’è stata una conoscenza, uno scambio, una informazione viva fra gli artisti che gravitavano in questa grande area della Toscana.
Il pensiero corre a Moses Levy (Tunisi 1885 – Viareggio 1968) che all’epoca abitava a Rigoli vicino Pisa, del quale abbiamo le prime incisioni poco prima del 1910, e con il quale in seguito Vittorini ha condiviso diverse esposizioni.
Un giovane acquafortista, che dimostra già un mestiere di questo genere così ben formato, lascia intendere che non solo ci devono essere state delle prove precedenti ma indubbiamente c’è stata una frequentazione con altri artisti perché l’incisione non è che si improvvisa, l’acquaforte poi ancora meno.
In questo campo è necessario un bagaglio tecnico importante, che comprende anche conoscere le vernici, conoscere l’acido.
C’era quindi una preparazione, uno studio, dettato da qualcuno che a sua volta era esperto di questa tecnica, che ha consentito ad una persona così giovane di poter essere completamente formato sulla tecnica dell’incisione che è una cosa abbastanza sorprendente.
Purtroppo Vittorini non ha lasciato memorie utili a ricostruire con precisione queste vicende.
Se si considera che spesso Vittorini riproponeva nelle diverse tecniche la solita “visione” probabilmente l’acquaforte “Luna nell’Arno” doveva essere speculare a questo quadro anch’esso purtroppo oggi irreperibile.